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Pochi spiccioli per le bonifiche nei poligoni

Ospitato nella pagina degli “interventi” de La Nuova Sardegna -

Negli ultimi giorni, complice l’accordo sulle servitù militari, si è fatto un gran parlare di bonifiche ambientali nei poligoni militari della Sardegna. Intanto, in quell’accordo, di certezze sulle risorse finanziarie non v’è ombra alcuna, solo impegni di massima. Poi, con riferimento a quanto ancor prima pubblicamente annunciato, con spropositata enfasi, in sede di approvazione della legge di stabilità, la cosiddetta bonifica dei poligoni riguarderà solo il futuro, non il pregresso. Su questa parte, i 12,5 milioni di euro promessi dalla ministro Pinotti fanno sorridere, anche se sommati ai precedenti 26, peraltro già impegnati e in parte spesi. Si tenga  conto, tanto per fare un paragone, che a Vieques gli Stati Uniti sono al lavoro dal 2003 per bonificare un poligono militare dell’estensione di 55 Kmq (quello di Teulada si estende per 72 Kmq), con uno stanziamento di oltre 500 milioni di dollari. Con i pochi milioni di euro promessi dalla ministro Pinotti si potranno raccogliere giusto le cartucce e i rottami di munizionamento dal terreno, che poi vorrebbe dire fare semplice pulizia, non bonifica ambientale. Per non parlare della Maddalena. Anche qui briciole. Con la firma del Patto per la Sardegna, a Cagliari, nel 2016, lo Stato ha reso disponibili  4,1 milioni per il completamento delle opere di bonifica dello specchio acqueo relativo all’ex arsenale e 5 milioni per il completamento delle attività di bonifica delle aree esterne alla Darsena militare. Stiamo aspettando l’inizio dei lavori.

Il nodo delle bonifiche è ben altro. Intanto bisogna verificarne la possibilità materiale, pur in presenza di adeguate risorse. A tale proposito, preliminarmente, ricordo che nel luglio del 2016, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito,  il dirigente dell’Arpas, Massimo Cappai, ebbe ad illustrare i risultati di una indagine sul Poligono di Teulada, soffermandosi sul problema dei rifiuti presenti nell’area. Bene, a chi gli chiedeva se fosse possibile la bonifica della famigerata zona Delta (area che nel corso dei decenni è stata utilizzata per accumulare materiale inesploso), Cappai rispose: “E’ pericoloso, antieconomico”. Per poi aggiungere: “Le autorità del Comando del Poligono hanno definito l’area come una zona nella quale non vale più la pena di eseguire bonifiche”.

Secondariamente, vorrei fare presente che le bonifiche, tanto più nei poligoni militari, si fanno quando viene conclamato e certificato un inquinamento. Ciò in base a specifici criteri di legge, certamente non per il supporto di promesse, proclami o accordi dell’ultima ora in salsa elettorale. Mi spiego. Forse i più hanno dimenticato il famigerato decreto legge “Ambiente protetto” (n.91 del 24 giugno 2014), poi convertito in legge? Ebbene, con quella legge il Governo ha parificato le soglie di tollerabilità delle sostanze inquinanti presenti nei siti militari a quelle previste per l’industria. Insomma, quella legge ha consentito che nelle aree militari i limiti di inquinamento possano essere superati anche di cento volte rispetto alla normativa precedente. Quindi, anche volendo, non si può bonificare qualcosa non classificabile come inquinante. A favore di quella norma votarono i parlamentari di Pd, Centro democratico e Riformatori, gli unici contrari il M5s e Sel. Quando sollevai il problema, in commissione Difesa, prima dell’Aula, un collega del Pd sostenne che si trattava di fissare delle soglie di contaminazione nelle aree militari non previste, mentre, in realtà, prima di questa norma quelle aree erano di fatto equiparate a zone naturali. Solo il movimento 5 stelle si oppose a quella legge ambientalmente infausta.

 

COTTI_NUOVA

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